Guida al recupero dei crediti: l’utilizzo delle banche dati pubbliche

Negli ultimi anni, in un contesto economico sempre più in crisi, l’attività di recupero crediti ha assunto un ruolo preponderante.

Tuttavia, il creditore manifesta spesso una certa sfiducia nell’esito dell’attività di recupero del credito ritenendola onerosa, zeppa di lungaggini e dal risultato infruttuoso.

Ma, seppur in molti casi il debitore possa sembrare sprovvisto delle “sostanze” per ottemperare ai propri debiti, è sempre possibile promuovere ricerche capaci di rintracciare beni o liquidità su cui potersi rivalere.

Accanto alle più classiche attività d’investigazione, uno strumento sempre più diffuso (anche se non molto conosciuto) è oggi costituito dall’accesso alle banche dati delle pubbliche amministrazioni al fine di individuare eventuali rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito, datori di lavoro e committenti per poi procedere in via esecutiva.

Tale possibilità è infatti garantita dall’art. 492 bis del codice di procedura civile (il cui testo si riporta in calce) a chiunque sia in possesso di un titolo esecutivo – sia esso una sentenza di condanna passata in giudicato, un decreto ingiuntivo esecutivo e persino un assegno o una cambiale – e di un precetto in corso di validità.

Difatti, in presenza di tale duplice presupposto, il creditore può presentare apposita istanza al Presidente del Tribunale del circondario dove abbia residenza o domicilio; quest’ultimo, verificata la regolarità del titolo esecutivo e del precetto, consentirà al creditore di chiedere accesso alle banche dati dell’anagrafe tributaria (anche dell’archivio dei rapporti finanziari), nonché degli enti previdenziali e del Pubblico Registro Automobilistico.

Appare necessario precisare che tale strumento pare essere maggiormente efficace laddove il debitore sia una persona fisica, un’impresa individuale ovvero una società di persone – sia essa semplice, in nome collettivo o in accomandita semplice – in cui i soci nella maggior parte dei casi rispondono in via illimitata dei debiti della società. Ciò in ragione dell’usuale titolarità da parte di persone fisiche di conti bancari, di fondi comuni di investimento, di trattamenti pensionistici e di rapporti di lavoro. Diversamente, laddove il debitore sia una società di capitali (a responsabilità limitata, per azioni ovvero in accomandita per azioni) la ricerca potrebbe infatti limitarsi quasi esclusivamente ai conti correnti.

Una volta individuate le “sostanze” del debitore, il creditore avrà quindi l’onere di attivare lo strumento processuale (ad esempio, pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi) ritenuto più utile allo scopo. Ma di questo parleremo in un diverso approfondimento.

Articolo ripreso dal portale Lavoro è Diritto: Leggi l’articolo su “Lavoroediritto.it

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